Chi siamo

ISSN: 2612-3932 

 

Altraparola e Miguel Abensour

 

Il primo volume è dedicato a Miguel Abensour, il grande filosofo francese della politica, scomparso nel 2017. Non vuol essere solo un omaggio, ma una riflessione sulle più importanti linee di pensiero che egli ci ha lasciato in eredità. La sua opera, nonostante alcune traduzioni, è ancora relativamente poco conosciuta in Italia: noi pensiamo che i temi da lui trattati – l’utopia, il totalitarismo, la servitù volontaria – richiedano l’ora della loro leggibilità, pretendano anzi con urgenza di essere meditati, di fronte al possibile ritorno di una barbarie autoritaria e razzista. Questo volume prefigura un lavoro più generale, che prenderà probabilmente la forma di una rivista nel prossimo futuro: Altraparola. Accanto alla parte centrale dedicata ad Abensour, proponiamo una costellazione di interventi negli ambiti della filosofia, della letteratura e dell’arte, che anticipano la direzione in cui pensiamo di muoverci e che consideriamo in accordo con la sua filosofia politica critica. Altraparola continuerà la ricerca di termini e concetti che ci aiutino a comprendere il nostro presente, iniziata con questo volume e – più in generale – con quelli di Altronovecento. Comunismo e pensiero critico. Di tale lavoro, le righe che seguono costituiscono un primo abbozzo programmatico, che speriamo di arricchire e di articolare nel tempo.

Il nostro pare uno di quei momenti della storia che Benjamin definiva col termine di “dialettica in stato di sospensione” o “in sospeso” o “sospesa”. Le forze in conflitto sono tese l’una contro l’altra in modo tale da non riuscire a prevalere o affermarsi in modo da determinare un nuovo evento, un’altra forma di vita o una decisione. “In sospeso” significa qui dunque tutto il contrario che “in quiete”, come tendevano a pensare i pensatori della fine del secolo passato che si illudevano su una fine postmoderna della storia, dei grandi conflitti e delle grandi narrazioni. Le quali sono riprese a ritmo violento (dal fondamentalismo al neofascismo) e non sono purtroppo rassicuranti.

La nostra condizione può ricordare quella di Egli, il protagonista di una parabola di Kafka, più volte commentata dalla Arendt: “Egli ha due avversari: il primo lo incalza alle spalle, dall’origine, il secondo gli taglia la strada davanti. Egli combatte con entrambi”. Egli è sospeso nel conflitto tra un non essere più e un non essere ancora, che gli restano entrambi indecifrabili: con uno sforzo immane tenta nonostante tutto di ricostituire il legame redentivo tra passato e futuro, memoria e speranza, senza più disporre del patrimonio di una tradizione e di un linguaggio condivisi, che gli permettano di adempiere con garanzia di successo al suo compito. Ci troviamo dunque su una linea di lotta (Kampflinie) senza che nessuna delle ideologie e delle categorie di pensiero del secolo passato sia in grado di darci esaurienti descrizioni di quali siano e come siano composte le grandi forze in conflitto entro di noi e fuori di noi. Siamo anche su una linea nodale (come la chiamava Hegel), quando lo sgretolamento sordo e profondo nelle fondamenta dell’ordine simbolico dominante non è emerso ancora a visibilità e pure già produce crepe in tutte le pieghe dell’edificio.

Questo non vuol dire che ricordare il pensiero il quale – nel Novecento – si è sforzato di indicare un altro mondo possibile rispetto a quello in cui ora viviamo sia inutile; ma ciò che ci interessa va estratto con cura, con un’operazione critica, da insiemi e apparati concettuali, che non possono più essere assunti nella loro interezza. Ciò vale anche per le tradizioni di teoria critica a cui siamo più legati: la Scuola di Francoforte, W. Benjamin, G. Debord e il situazionismo, H. Arendt, M. Foucault e altri che ci hanno accompagnato nel lungo lavoro dedicato ai volumi del “Comunismo eretico”. L’orizzonte di senso della nostra ricerca è quello di un “socialismo” libertario, che pone al centro –come ebbe a definirlo Marx nei Grundrisse – la nozione di “individuo sociale”.

La critica dell’astrazione del capitale attualmente dominante deve procedere di pari passo col riconoscimento dei fallimenti di un socialismo storico reale, che si è disinteressato dei processi di soggettivazione e della loro importanza nella costruzione e nella conservazione del potere del capitale. Di qui la necessità di introdurre nel pensiero critico temi poco frequentati nel Novecento: la relazione tra l’individuo e l’ambiente naturale, il contrasto tra servitù volontaria e rivolta, il nesso che lega la psicologia individuale a quella collettiva (più che fare riferimento a una scuola psicoanalitica unica, in ognuna di esse occorre cogliere il punto di intersezione in cui i traumi del singolo fanno eco a quelli sociali).

Nella prospettiva di un “socialismo degli individui” vorremmo riproporre alcune forme di pensiero che il marxismo ortodosso prima, e poi strutturalismo e decostruzionismo, hanno lasciato ai margini della riflessione: si tratta di quella tradizione che nasce e si sviluppa con Socialisme ou barbarie, ed è presente in autori come H. Lefebvre, C. Lefort, C. Castoriadis, fino a M. Abensour. Una forma di riflessione che ripropone tra l’altro immagini di utopia concreta, come la definiva E. Bloch. Perché se la forza astratta del capitale, la sua teologia demonica e negativa, ci incalza dal passato e occorre quindi un pensiero critico che la decifri, non è meno vero che nelle sue pieghe sempre più intensamente contraddittorie si annidano figure incerte ma definibili del possibile, a cui vanno dati i contorni visibili: la “linea di lotta” richiede uno sguardo in entrambe le direzioni, e dunque non solo verso il capitale e il suo dominio, ma anche sulle brecce e i tentativi storici di realizzare forme di vite antagoniste (come la Comune di Parigi).

Poiché la nostra intenzione principale è quella di studiare i punti di annodamento e di formazione del soggetto nella sua costituzione attuale, i suoi “esistenziali storici”, più che proporre teorie astratte, dedicheremo molta attenzione alla letteratura, alle arti visive, oltre che alla filosofia politica. Siamo convinti che l’arte (come sosteneva E. Levinas) costituisca una “messa in forma” della soggettività, che riveli le tonalità affettive ed esistenziali di un’epoca, le quali poi sono l’oggetto stesso del pensiero critico. In questo senso, la scelta delle opere e degli autori di letteratura, cinema, arti visive di cui ci occuperemo sarà decisamente tendenziosa e non diretta da puri valori estetici: cercando in essi rappresentazioni critiche del passato e del presente della soggettività prodotta dal capitale e immagini concrete di un possibile a venire, o almeno crepe, faglie, rotture della totalità del dominio.

 

Comitato scientifico: Miguel Abensour +, Giuseppe Lo Castro (Università della Calabria, Italia), in aggiornamento…

La redazione: Francesco Biagi, Massimo Cappitti, Gianfranco Ferraro, Luca Lenzini, Mario Pezzella (direttore), Pier Paolo Poggio, Alberto Zino.

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